I conflitti vanno affrontati, non si devono evitare a tutti i costi; bisogna cercare di risolverli subito se no incancreniscono e diventano irrisolvibili; è così che si guastano irrimediabilmente i rapporti umani, così che le relazioni finiscono, di lavoro o di coppia, compreso quel che riguarda studenti e insegnanti; non temete i conflitti, prima imparerete ad accoglierli e prima sarete pronti a dare battaglia nell’arena della vita, è questo che insegno ai miei studenti. I conflitti ci allenano al dialogo, ci aiutano a crescere sia sul piano umano sia su quello professionale. Si può fare gli ipocriti e fare finta che vada tutto bene, che non ci sia un problema; fare come gli struzzi che mettono la testa sotto la sabbia; si può, è vero, ma un atteggiamento del genere non porterebbe a nulla di buono; noi uomini funzioniamo in modo differente, le cose per noi sono ben più complesse, non siamo struzzi.
Certo, il dialogo non può sanare tutti i conflitti, ma la gran parte sì, soprattutto quelli che sono solo un’apparenza di conflitto, come credo capiti per la maggior parte. Un conflitto che non ha un movente solido è più facile da risolvere, per questo va sbattuto sul tavolo e messo davanti ai riflettori affinché tutti lo possano vedere per quel che è appunto: un’aleatoria apparenza di conflitto, nient’altro. Oltretutto, se ci sono e non sono piuttosto illusioni di conflitto, i conflitti vedono coinvolte due parti in causa e non sono originati solo da una delle due, mentre l’altra può reputarsi innocente. Troppo facile e troppo comodo pensare che il torto o la ragione stia tutta da una parte, non è mai così.
I conflitti si risolvono con un approccio clinico, faccia a faccia con il diretto interessato. Per curare un dito dolorante, un bravo dottore non amputa l’intero piede, ma interviene su quel problema specifico. Sarebbe quantomeno controproducente cambiare un approccio che funziona con la maggior parte dei propri studenti, per risolvere delle singole criticità, con l’effetto che potrebbe prodursi un peggioramento anziché un miglioramento complessivo. Come sa bene il dottore dell’esempio, un piede amputato senza un motivo valido avrebbe delle ben più gravi ripercussioni sull’intero organismo, quando invece sarebbe bastata una semplice crema per quel solo dito infiammato.
Ecco, una classe è un po’ come un organismo vivente, ciascuna parte deve fare il suo per garantire il buon funzionamento generale. Se c’è un problema circoscritto, si agisce solo su quello e si lascia stare il resto.
Quando con una classe ho un’incomprensione, cerco di spiegare il mio punto di vista. Inutile e stupido è fingere che stia filando tutto liscio. “Tu dimmi quello che vuoi / Ma per favore / Non mi dire mai che / Va sempre tutto bene […]” sono le strofe di una canzone degli Ex-Otago, il titolo – non ci vuole un genio a capirlo – è “Tutto bene”. Anche la più insospettabile cultura popolare può – a volte – fornirci degli insegnamenti. Per esempio, che non possiamo sempre dirci che, cito alla lettera, “va sempre tutto bene”, quando poi è palese che non va affatto tutto bene. La domanda che vorrei porre è: serve davvero dirsi sempre che va tutto bene? Sono convinto di no, che faccia più male che bene e lo motivo anche. Chi pensa che le cose vadano sempre bene, vive beato nella sua nuvoletta illudendosi di avere tutto attorno situazioni prive di criticità, di difficoltà, di complessità. Be’, a mio avviso, costui dev’essere risvegliato da una condizione di eccessiva ingenuità. E l’ingenuità – non sempre ma spesso – credo sia una colpa. Per un docente non è ammissibile essere ingenui quando per primi dovrebbero insegnare ai loro studenti il contrario dell’ingenuità, ovvero: a essere grandi, maturi. Esserlo significa “prendere il toro per le corna”, affrontare le situazioni con coraggio, lucidità e senso di responsabilità. Assumersi le proprie responsabilità, questo ci vorrebbe per dominare i conflitti.
Con le proprie classi non si può sempre essere in luna di miele, per così dire. Ci sono alti e bassi inevitabili, come succede in tutti i rapporti. L’essenziale però è affrontare queste montagne russe con la leggerezza della normalità, anormale è il contrario, cioè: raccontarsi che va tutto bene.
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