L’uomo acquisisce la consapevolezza del proprio essere “nel” tempo la prima volta che fa esperienza della morte. La morte di una persona a noi vicina, o anche di un animale domestico, perfora il “velo di Maya” delle illusioni. Anche se questa consapevolezza deve durare il tempo di un bagliore, poiché per poter vivere – checché se ne dica – ciascuno di noi ha bisogno di alimentare la più dolce e irreale delle illusioni: pensare alla morte come se fosse una cosa a noi “estranea”, che riguarda solo gli altri. Perché questo? Il pensiero della nostra morte ci è intollerabile.
Dunque, secondo me, non tutte le illusioni vengono per nuocere; alcune sono indispensabili per vivere. Un esempio? Prendiamo Freud, uno dei tre “maestri del sospetto” (gli altri due sono Marx e Nietzsche), stando a Derrida. Dei tre è forse quello che ci va giù più duro nel condannare le illusioni. La sua intera teoria psicanalitica che cos’è se non un’illusione di controllo? Freud si è illuso di poter vivere senza illusioni rendendo l’uomo consapevole dei suoi limiti “in quanto uomo”. E che cos’è questa consapevolezza – appunto – se non un’illusione di controllo? L’illusione di chi si sente in pieno controllo del proprio destino, quando poi tutti – in cuor nostro – sappiamo bene che è il caso, il fato o Dio ad avere il controllo sulle nostre vite. E se persino Freud, il paladino dei disillusi, s’illudeva, non c’è che arrendersi all’evidenza: l’illusione ci è necessaria per non impazzire, vista la realtà fondamentalmente inaccettabile della vita, la morte. Piaccia o meno tutti abbiamo bisogno d’illuderci per non spararci un colpo in testa alla maniera di Kirillov, uno dei protagonisti dei “Demoni” di Dostoevskij. D’altronde se non ci si potesse illudere, che senso avrebbe vivere?
Inoltre, le illusioni sono anche importanti per alzare l’asticella dei propri obiettivi. A dare retta alla magra realtà, tutti ci dovremmo accontentare della solita minestra riscaldata. Ecco, le illusioni sono il pepe che dà sapore alla vita. Ovvio che ogni tanto tocca pure fare i conti con la realtà. Ma solo “ogni tanto”, troppo spesso non fa bene e, di sicuro, non aiuta.
L’eccesso è sempre sbagliato, sia esso di realtà o d’illusioni. In questo mi rifaccio ad Aristotele e predico anch’io la via mediana come la più opportuna.
Per chiudere il cerchio del mio ragionamento: la vita è troppo amara senza la dolcezza zuccherosa delle illusioni.