Le rievocazioni storiche sono un esempio di come si può portare a livello di esperienza una materia astratta e, per sua stessa natura, poco viva come la storia. Quindi, oltre ad apprendere dai libri, perché non consentire ai propri allievi di “toccare con mano”? Credo che esperienze alternative, quali – appunto – le rievocazioni storiche, possono valere anche più delle “classiche” e fin troppo scontate visite museali. Queste ultime sono oltremodo utili, ciononostante peccano di staticità. Laddove invece le rievocazioni sono intrise di dinamicità e, pertanto, più accattivanti per dei giovani insofferenti a tutto ciò che non si muove ed è avvolto da uno o più strati di polvere. Perché la storia è materia pulsante, che ci parla di continuo, raccontandoci come eravamo e non solo, anche come saremmo potuti essere se – per esempio, forse l’esempio più abusato, ma decisamente calzante – le forze dell’Asse avessero vinto la guerra.
Basti pensare all’ucronia o fantastoria. Cito due romanzi a titolo esemplificativo: “La svastica sul sole” di Philip K. Dick e “Fatherland” di Robert Harris. Il senso di leggere ucronie lo rivela implicitamente anche Bruner: “L’obiettivo della comprensione degli eventi umani è […] quello di cogliere il carattere alternativo delle umane possibilità. Così l’incoronazione di Carlo Magno (come anche, per esempio, la fine di Giovanna d’Arco o l’ascesa e la caduta di Cromwell) si presterà ad interpretazioni senza fine; e non solo da parte degli storici, ma anche dei romanzieri, dei poeti, dei drammaturghi e perfino dei filosofi” (in “La mente a più dimensioni”, p. 67).
Inoltre, non dimentichiamoci che compito dell’insegnante di storia è “fare presente” ai suoi allievi l’importanza della storia. Nessuna disciplina ha un valore educativo intrinseco, ma tocca all’insegnante “estrinsecare” il valore della stessa. Come afferma Dewey: “L’idea che certi oggetti di studio e certi metodi e che la conoscenza di certi fatti e di certe verità posseggono valore educativo in sé e per sé è la ragione per cui l’educazione tradizionale ha ridotto in gran parte il materiale dell’educazione a una dieta di materiali predigeriti” (in: “Esperienza e educazione”, pp. 33-34). E sempre Dewey esplicita a chiare lettere il senso dell’insegnamento della storia: “[…] soltanto quel che ha compiuto il passato ci offre i mezzi per intendere il presente” (p. 69) e, aggiungerei, per incidere nel futuro, sperando di fare meglio – o almeno non peggio – di quanto “fatto” nel passato. Qualcosa di analogo l’ha detta anche Morin: “[…] si può preparare un futuro solo salvando un passato” (in: “La testa be fatta”, p. 84).
Alla storia spesso camminiamo sopra senza neanche accorgercene. Scopo di chi la storia la insegna dovrebbe essere: renderla attuale nonostante la sua inattualità di fondo.
6 pensieri riguardo “L’attualità della storia”