Esiste una relazione di vicinanza tra il modo di accettare il fato degli stoici e quello di Nietzsche? No, non credo. Lo stoicismo è fin troppo imparentato con il cristianesimo, la cui “morale” viene definita da Nietzsche senza mezzi termini “da schiavi”. La concezione superomistica nietzscheana è di ben altra pasta. Sia negli stoici sia in Nietzsche vi è un’accettazione della propria condizione. Tuttavia quella degli stoici è un’accettazione passiva, subìta. Basta leggere i “Pensieri” di Marco Aurelio o le “Lettere a Lucilio” di Seneca per desumerlo.
L’amor fati di Nietzsche è invece, dapprima, scelta consapevole, volontaria del proprio destino e, successivamente, legittimazione-accettazione dello stesso. Nietzsche elegge il destino a missione da compiere, a qualunque costo; ragion per cui accettarlo è una scelta volontaria, superomistica appunto. È il Superuomo stesso che si fa carico del destino prescelto, qualsiasi esso sia. Sta qui la grandezza e l’originalità del Superuomo, almeno dal punto di vista del suo teorizzatore.
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